Accadde qualcosa, in Europa e nel Vicino Oriente tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, che coinvolse con intensità diversa le culture dei tre monoteismi. Gli storici parlano, al riguardo, di «demonizzazione del mondo». Espressione un po’ sinistra, e tuttavia efficace nel significare la concomitante recrudescenza, forse l’ibridazione o il singolare polifonismo, dei fenomeni di possessione, peraltro presenti in tutte le epoche e a ogni latitudine. Cambiavano gli agenti di intrusione nel corpo dei vivi – il Diavolo per i cristiani, o gli spiriti dei defunti che gli ebrei chiamavano dybbuk, o i demoni islamici – e spesso divergevano le interpretazioni del fatto, a seconda che si giudicasse o meno colpevole il posseduto, ma analoghi erano gli scotimenti della carne e i ricorsi a rituali di esorcismo per scacciare il temibile ospite. Nonostante l’abbondanza delle fonti nei singoli ambiti, il peso storiografico degli avvenimenti è rimasto imparagonabile. Mentre la stregoneria, con i suoi dispositivi giudiziari e i suoi epiloghi cruenti, ha avuto un rilievo indiscutibile negli studi sulla cristianità, finora mancava un libro organico sui posseduti ebrei.
J.H. Chajes provvede magnificamente a colmare la lacuna, in un saggio di antropologia storica ricchissimo di testimonianze da una letteratura sommersa, portata per la prima volta alla luce.
«Con il potere della nostra intelligenza è difficile capire come lo spirito di una persona morta possa agire in un altro corpo vivente e usarne tutte le membra e i sensi. In verità pare che sia una delle meraviglie del nostro tempo, eccezionalmente bizzarra»: così rifletteva nel 1586 un talmudista che aveva trattato un caso a Ferrara, riuscendo a farsi dire dallo spirito quanto fosse grande (circa un uovo di gallina) e in quale parte della giovane vittima giacesse (tra le costole e i lombi). I risvolti mistico-magici della possessione agitavano le comunità ebraiche da Praga ad Amsterdam, fino in Galilea, dove a Safed, dalla forte componente sefardita, era normale che i morti arruolassero i vivi. Attraverso la visionaria compenetrazione di mondo e oltremondo, gli inizi della modernità si popolarono dunque di anime trasmigranti e infestanti che confermavano l’esistenza dell’aldilà. Di questo baluardo eretto contro l’incipiente incredulità Chajes offre un quadro vivido, destinato a rivaleggiare con i classici sul demonismo cristiano.
J.H. Chajes insegna Storia ebraica all’Università di Haifa. Tra i suoi lavori più recenti sulla fenomenologia della possessione spiritica femminile nella società ebraica: He Said She Said. Hearing the Voices of Pneumatic Early Modern Jewish Women («Nashim», 2006).
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